Parlando di "chirurgia plastica" i primi concetti che ci vengono in mente sono: mastoplastica, rinoplastica o liposuzione. Solo in un secondo momento si pensa che la chirurgia plastica come uno strumento in grado di aiutare le persone che sentono di non appartenere al corpo in cui vivono.
Ogni persona è unica nel suo genere.
E’ proprio vero, tutti gli esseri umani sono portatori di trattati
caratteristici che li differenziano gli uni dagli altri. Hanno un proprio
vissuto, un proprio stile comportamentale, una propria identità e un proprio
corredo genetico…
E se la genetica si sbagliasse???
Se nascessimo in un corpo che non ci appartiene???
Le soluzioni a questo problema sono molteplici, per esempio si
potrebbe scegliere di utilizzare vestiti in linea con il proprio vero sé oppure
scegliere di ricorrere alla chirurgia plastica per cambiar sesso.
Ascoltando o leggendo informazioni che provengono dalla radio o
dal web, è sempre più comune apprendere di uomini e/o donne che scelgono di
sottoporsi ad interventi chirurgici per vedersi FINALMENTE fuori come dentro.
Generalmente il momento in cui iniziano a percepire il proprio
corpo come "sbagliato" è durante l’adolescenza. A livello psicologico
si generano dei conflitti interiori che gettano il ragazzo/a all'interno di un
vissuto emotivo ancor più tumultuoso durante questo momento, che è già
complicato di suo.
Quando i caratteri sessuali secondari fanno la loro comparsa,
questi giovani tendono a coprire i propri istinti, che ormai si fanno sempre
più pressanti.
Si presenta loro la certezza che la propria identità somatica non
coincide con quella psicologica.
Nel buoi delle loro camere guardano la loro immagine riflessa allo
specchio indossando gli abiti che appartengono alla madre o al padre, si
immagino come sarebbero se la natura gli avesse regalato il giusto corpo.
Durante il periodo adolescenziale è frequente che questi ragazzi/e nascondano la loro vera natura, ritengono che sia
il giusto prezzo da pagare pur di essere accettati dagli altri anche a
discapito della felicità, generando vissuti d’ansia, autosvalutazione e
depressione.
Con il passare degli anni non vogliono più accettare questa
ingiustizia e rivolgendosi a medici competenti ed esperti, trasformano
finalmente il loro corpo, donandogli le giuste forme ed armonie.
Non è un passo semplice, infatti devono far i conti con il pensiero
dei propri genitori e con la società, che li etichetterà come TRANSESSUALI.
Il termine “transessuale” venne utilizzato
per la prima volta dal dottor David Cauldwell nel 1949, ma solamente nel 1966 a
seguito della pubblicazione del libro “The transsexual
phenomenon” di Harry Benjamin divenne un termine
di uso comune. Inoltre il suddetto libro divenne un testo universitario poiché
affianca alla transessualità un approccio terapeutico.
Attualmente, in ambito psicologico, alle persone transessuali viene
posta diagnosi di “Disturbo dell’ Identità di Genere/ D.I.G” seguendo le indicazioni presenti
all’interno del Manuale di
Classificazione dei Disturbi Mentali/ DSM IV.
Esprimere la propria vera natura è un percorso, che seppur insito
dentro queste persone da molti anni, deve essere accompagnato da un supporto di
tipo psicologico. Infatti, vedere il proprio corpo in maniera differente da
come è stato sempre, può generare dei vissuti si shock e di incredulità.
Inoltre cambiare il proprio sesso, significa cambiare se stesso e riassegnare
alla propria identità un volto nuovo.
Ognuno di noi può, nel suo piccolo, aiutarli. Liberiamoci dal
concetto, ormai obsoleto, che siano persone “malate”, sono PERSONE e come tali devono aver il diritto di
esprimere il proprio modo d’esser e la propria sessualità. Utilizziamo un po’
di empatia e proviamo a indossare noi per una volta i LORO PANNI.
Federica Lodato
Fonti:
American Psychiatric Association. (2010). "Diagnostic and Statistical Manual of mental
Disorder, 4th edition, text revision". Washington,
DC: American Psychiatric Association.
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