lunedì 29 febbraio 2016

Emozionati e Felici

"Una delle più grandi scoperte della mia generazione è che un essere umano può cambiare la propria vita semplicemente cambiando il proprio modo di pensare" William James





Le emozioni sono alla base di tutto il comportamento umano, sono la più grande forza che ci spinge ad agire. Tutto ciò che ci succede nella vita all'origine è un'emozione e a sua volta ogni azione genera emozioni. Molte persone hanno paura delle loro emozioni, rifuggono da esse, e per il timore vivono in uno stato di "dissociazione": mai nella completa desolazione ma anche senza mai toccare 
le vette della passione o della gioia. 
Alcune volte pensiamo alle emozioni come a "parenti poveri" del nostro intelletto, sottovalutandone il valore. C'è poi, chi per il bisogno di evitare di provare certe emozioni, cerca di camuffarle con altre: drogandosi, bevendo, mangiando troppo, giocando d'azzardo...scivolando così in un'apatia debilitante.
Quante volte vi è capitato di sopprimere un'emozione, di non volerla ascoltare per la paura che vi facesse male? Siamo così abili a nasconderle che nemmeno più riusciamo a riconoscerle. A volte le evitiamo anche nella relazione con l'altro, arrivando a non comunicare le nostre esigenze e i nostri sentimenti per non voler ferire la persona che amiamo o che abbiamo amato.
Ciò che dimentichiamo è che la consapevolezza delle nostre emozioni, accettarle e ascoltarle, ci permette di gestirle. La gestione delle emozioni può fare la differenza nelle nostre vite. Conoscere le nostre emozioni ci permette di poterle usare a nostro favore.
Attribuendo il giusto significato alle nostre emozioni, i nostri stati d'animo cambiano, di conseguenza possiamo anche imparare ad orientare le nostre azioni verso i nostri obiettivi.
In ogni emozione c'è sempre una parte positiva e una devastante, occorre scoprire il lato positivo e usarlo.
Le emozioni possono rappresentare una guida importante verso una migliore comprensione del sé che rappresenta il primo passo fondamentale sulla strada del cambiamento e del miglioramento.

Come fare per usare le nostre emozioni a nostro favore, in modo efficace, verso un cambiamento positivo?
L'unico modo di usare in modo efficace le emozioni è capire che sono tutte al nostro servizio. E' importante ascoltarle per poter trarre insegnamento e usarle ottenendo i risultati che vogliamo per una migliore qualità di vita. Se imparate ad ascoltarvi e affinate la vostra consapevolezza, potrete sentirvi come volete, in qualsiasi modo vogliate e in qualsiasi momento.
E' importante imparare a percepire le nostre emozioni negative come dei segnali d'azione che ci dicono che ciò che stiamo facendo non va, come se fossero un messaggio, che può darci emozioni sul modo in cui percepiamo le cose o le procedure che usiamo: come comunichiamo le nostre esigenze, i nostri desideri, o le azioni che facciamo. Ascoltare le nostre emozioni negative come segnali d'azione significa comprendere che dobbiamo cambiare approccio, comportamento. Ponendoci una domanda migliore o anche semplicemente usando in modo differente la nostra fisiologia, così possiamo cambiare la nostra percezione in un attimo. In questo modo ogni emozione negativa sarà la chiave per agire e cambiare il nostro modo di pensare, di percepire le cose o le nostre procedure di comunicare o comportarci.

Quando sarete consapevoli delle vostre emozioni e le conoscerete, non avrete bisogno di un motivo per essere felici, potrete esserlo in questo stesso momento, semplicemente perché lo volete.
Riconoscere lo stato emotivo che proviamo in qualsiasi momento ci permette di controllare il significato degli eventi e di poter agire un cambiamento positivo.

Questo è il nostro potere, trovare un significato potenziante in qualsiasi cosa accada, in qualsiasi evento, è così che ci diamo la possibilità di stare bene.

"Non si può trasformare il buio in luce e l'apatia in movimento senza l'emozione". Carl Gustav Jung




Lara Zucchini

Fonti:

Johnson R., Effetti delle Emozioni sulla salute, Tecniche Nuove Edizioni: Milano, 2003.
Robbins A., Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario. Manuale di psicologia del cambiamento, Bompiani: Milano, 2008.

domenica 28 febbraio 2016

Le 3 chiavi per un cambiamento positivo

Gherardo Colombo si è dimesso per portare il suo granellino di sabbia sulla strada del cambiamento. Ecco le 3 chiavi che possono determinare la nostra spinta al cambiamento: motivazione, autostima e autoefficacia.




C'è chi ha fatto della citazione "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo" un vero e proprio stile di vita.
Vi riporto la testimonianza di una persona che ho avuto il piacere di conoscere personalmente e che ha cambiato il suo percorso, cercando oggi di operare un cambiamento nelle vite degli atri: Gherardo Colombo. Ha vissuto e vive per i propri principi, per le sue giuste cause, sperimentandole nel mondo. 
Gherardo Colombo lascia la magistratura dopo oltre trentatré anni, dopo aver fatto prima il giudice, poi il pubblico ministero, poi di nuovo il giudice. Ha partecipato ha inchieste celebri come la scoperta della loggia L2, il delitto di Giorgio Ambrosoli, Mani Pulite, i processi Mondadori
"Mi sono dimesso perché indagine dopo indagine, processo dopo processo, sentenza dopo sentenza mi sono convinto che mi sarebbe stato impossibile - da quel momento - contribuire a rendere l'amministrazione della giustizia meno peggio di quel che è."
Ha deciso di lasciare il suo lavoro di giudice, convinto che perchè il senso di giustizia cambiasse nelle persone, sarebbe stato necessario partire "dal basso":cominciare dalle scuole, sede di educazione in primis, dalle università, dalle parrocchie, dai circoli e da qualunque altro posto fosse necessario andare per dialogare sul tema delle regole e offrire l'occasione per riflettere su un argomento così fondamentale per il benessere di ognuno . "La giustizia non può funzionare se il rapporto tra i cittadini e le regole è malato, sofferto, segnato dall'incomunicabilità..."
Gherardo Colombo si è dimesso per portare il suo granellino di sabbia sulla strada del cambiamento.
Per ulteriori approfondimenti: http://www.sulleregole.it/gherardo-colombo/

 "Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.Giovanni Falcone
Come lui, tantissimi uomini nel mondo hanno cambiato la loro vita, arrivando a rivoluzionare la nostra: da Martin Luther King a Gandhi a Nelson Mandela. Innumerevoli sono le persone che hanno creduto nei loro principi, in se stessi, portando avanti le loro credenze e smuovendo forze trasformative nel mondo.
Anche ognuno di noi, nel proprio piccolo, può agire un cambiamento e modificare la propria vita. Pensate all'impatto enorme che può avere un sorriso invece di un gesto di rabbia... il sorriso spesso suscita un altro sorriso. 
Ognuno di noi può fare la differenza nel mondo: non c'è bisogno di essere un politico, una persona ricca o di avere potere. Ognuno di noi può creare una differenza positiva. Basterà semplicemente Essere.

Cosa c'è alla base di voler Essere, della forza di volontà e della perseveranza?


Io credo che vi siano tre ruoli chiave che possano determinare la nostra spinta al cambiamento positivo: la motivazione, l'autostima e l'autoefficacia.
La Motivazione è ciò che ci spinge a iniziare e mantenere un lungo percorso verso i nostri obiettivi, è ciò che ci porta verso una determinata azione ed ogni atto compiuto senza di essa rischia di fallire, è necessaria in particolar modo la motivazione intrinseca, ovvero la motivazione a fare qualcosa per il gusto o per il piacere di farlo, legata ad una forza, ad una spinta interiore che non ha sollecitazioni o ricompense esterne.
L'Autostima di ognuno è definita dal rapporto tra il concetto di Sé e il Sé Ideale (come siamo/come vorremmo essere) (W. James, 1890); il modo in cui una persona si percepisce può limitare o annientare le sue aspettative di successo. La demotivazione è strettamente connessa con l'autostima, in quanto l'individuo impara che il suo valore personale dipende dalle sue capacità di riuscita.
L'Autoefficacia è la fiducia che ognuno ha di ottenere i risultati voluti con le proprie azioni (Bandura, 1997). Ad esempio una persona con bassa autoefficacia sarà portata a scegliere obiettivi più limitati e a impegnarsi di meno per raggiungerli; le persone che invece credono fermamente nelle proprie capacità si pongono verso i compiti difficili con un atteggiamento di sfida, convinti che sia possibile dominarli anziché evitarli. Questo orientamento positivo alimenta l'interesse e un coinvolgimento entusiasta nelle attività. Queste persone si 
propongono di raggiungere obiettivi ambiziosi e manifestano una forte dedizione verso di essi. Mettono molto impegno in ciò che fanno e, di fronte alle difficoltà restano concentrate sul compito e ragionano in modo strategico. 


Ecco allora le 3 chiavi per un cambiamento positivo: Credete in voi stessi, guardatevi con uno sguardo positivo, abbiate fiducia nelle vostre azioni!

Imparate ad amarvi e il cambiamento sarà lì, pronto ad aspettarvi. 


Lara Zucchini

Fonti:
Bandura A., Il senso di autoefficacia. Aspettative su di sé e azione, Erickson: Trento, 1997.
Colombo G., Sulle regole, Felitrinelli: Milano, 2008.

sabato 27 febbraio 2016

Rinnovarsi Perdonando

C'è chi a perdonare non ci pensa nemmeno, chi ci prova e non ci riesce. Come si cambia perdonando? Come cambia la relazione dopo il perdono? Il perdono è una delle forme d'amore più grandi.

Il perdono è un elemento importante della nostra vita, ci permette di andare avanti e oltre nelle relazioni e con noi stessi. Non tutti conoscono il potere che il 
perdono porta con Sé per la nostra vita.

La parola perdono deriva dal latino condonare (dare in dono, rimettere, graziare, abbandonare). In italiano perdonare assume il significato di "assolvere qualcuno dalla colpa commessa, condonare a qualcuno l’errore o il fallo compiuto, trattare con indulgenza e comprensione, scusare, concedere il perdono".


Il perdono porta con sé un cambiamento, com
porta una transizione nell'individuo. Perdonare implica riuscire ad andare oltre ai propri sentimenti, pensieri e comportamenti negativi e soppiantarli con la presenza di sentimenti pensieri e comportamenti positivi. Perdonare richiede un cambiamento e una sfida con noi stessi non facile da compiere. Compiere la scelta del perdono, rinunciando al rancore per cercare una riconciliazione è la forma d'amore più alta e più grande. 

Il lavoro del perdono necessita di tempo, richiede un passaggio interno, un'evoluzione, ha come presupposto imprescindibile il raccoglimento del soggetto su se stesso. E' un lavoro che può avvenire solo in solitudine: il corpo dell'altro è divenuto straniero.
Cosa accade ai legami quando uno dei due tradisce? Cosa accade se il traditore chiede poi perdono? Chiede di essere ancora amato e che tutto torni come prima?

Massimo Recalcati spiega nel suo libro "Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa" che perdonare l'imperdonabile è il gesto più radicale dell'amore.
"Il perdono prende senso, trova la sua possibilità di perdono solo laddove esso è chiamato a fare l'im-possibile e a perdonare l'imperdonabile, l'inespiabile - e quindi fare l'impossibile. Perdonare il perdonabile, il veniale, lo scusabile, ciò che si può sempre perdonare, non è perdonare." Jacques Derrida.
E' anche vero, però, che esiste un punto in cui il perdono diventa davvero impossibile e l'amore si arresta: succede quando chi amiamo si ostina a ingannare se stesso, quando insiste ad ingannare sistematicamente il proprio desiderio.


Essere disposti, per l'amore che ancora nutriamo a rinnovare la fiducia, a rinnovare il dono della promessa, non è una cosa semplice, ma è possibile.

In questo senso il perdono è un dire "Si!" e ancora un "Si!" a un altro incontro possibile con l'amato. Si tratta di un rinnovamento assoluto del legame che non può perseguire l'illusione di ricostruire il legame com'era. Il perdono non può cancellare le tracce della ferita, non può essere il frutto di un'amnesia. 
Tutto quello che circondava l'amato - ricordi, esperienze, amicizie, imprese - dev'essere voluto una seconda volta, deve essere fatto vivere in modo nuovo, ancora un'altra volta.
Il gesto del perdono è uno dei gesti più alti dell'amore: solo il lavoro del perdono può far decidere per un altro Si.
Il lavoro del perdono può diventare un'occasione per provare a fare un passo al di fuori delle sabbie mobili del narcisismo. Quando si perdona il rapporto con l'altro è al di fuori del rapporto con il proprio Sè Ideale (l'altro non è più lo specchio che riflette le parti migliori di me stesso) il lavoro del perdono viene dall'abisso del trauma dell'abbandono, il perdono conduce al di là dell'Io, ci accosta al mistero della totale ingovernabilità dell'Altro, del suo essere irriducibilmente straniero.

Chi sa perdonare è chi non vive il movimento dell'amore come quello dell'avere, ma è quello del cedere, del perdersi, dell'assoluta esposizione priva di riserve dell'Altro. E' in questa sola condizione che il perdono è possibile, nel carattere ingovernabile e radicalmente libero del desiderio dell'Altro. Per questa ragione il lavoro del perdono rivela più di ogni altra cosa come nessun disegno di appropriazione dell'Altro potrà mai garantire la realizzazione dell'amore. 

"Amare è un rischio assoluto che esclude il possesso assoluto" (Massimo Recalcati).


Il processo del perdono permette di ristrutturare la realtà, ridefinisce sé, l’altro e le relazioni. Consente il passaggio da significati drammatici, umilianti a significati nuovi, più costruttivi, funzionali all'equilibrio psichico e al benessere. Il valore innovativo e la funzione liberatoria del perdono apre ad una relazione rinnovata e svolge una funzione trasformativa per la personalità, che comprende al suo interno l’accettazione della propria e altrui possibilità di sbagliare. 
Riconoscere il bisogno di perdonarsi e perdonare, sottolinea un percorso umano di condivisione e reciprocità, nell'impegno di un cambiamento di mentalità. 
Qui di seguito il video di Roberto Benigni e la presentazione del libro di Papa Francesco, che con il suo linguaggio diretto e che arriva dritto al cuore, permette di comprendere il potere del perdono.


"Il signore non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Allora dobbiamo chiedere la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché lui non si stanca di perdonare. Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza. La misericordia non cancella il peccato, va oltre. E' come il cielo, noi guardiamo il cielo, tante stelle, ma quando viene il sole al mattino, con tanta luce, le stelle non si vedono più"

Quando il lavoro del perdono riesce, l'oggetto perduto risulta davvero perduto, è lasciato andare; potremmo tenerlo simbolicamente in noi, ma il mondo che è morto con lui può finalmente trovare un'altra vita possibile, può diventare un'altra forma del mondo.

Lara Zucchini

Fonti:
Derrida J., Perdonare, tr. it. Raffaello Cortina: Milano, 2004, pp. 46-47.
Recalcati M., Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa, Raffaello Cortina: Milano, 2014.

venerdì 26 febbraio 2016

"Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo"

Tutti vorremmo cambiare la società, il mondo, tutti abbiamo idee su cosa sarebbe giusto cambiare di quello o di questo... ma pochi pensano che il lavoro di cambiamento deve partire prima da noi stessi.






"Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondoMahatma Gandhi

E' una delle citazioni che in assoluto prediligo e che mi accompagna da quando sono adolescente.
E' l'affermazione con cui Mahatma Gandhi esorta la popolazione ad agire, perché solo attraverso il pensiero qualcosa è destinato a scomparire, a non realizzarsi. Non è sufficiente pensare semplicemente al cambiamento, sperare nel cambiamento, ma dobbiamo diventare nella nostra vita ciò che sentiamo di Essere
Qualunque cosa facciamo o diciamo, ha un impatto enorme su tutte le persone intorno a noi e di ritorno riceviamo un effetto karmico nella nostra vita (legge causa-effetto). Questo è il punto di partenza della lezione a cui Gandhi era arrivato: cambiare noi stessi per diventare ciò che vogliamo esser nella nostra esperienza di vita. E questa nostra stessa esperienza, questo nostro modo di essere, influenzerà tutte le persone intorno a noi, più saremo vicini al cambiamento che vogliamo vedere nel mondo e più possibilità avremo di sperimentare quel mondo per come lo vediamo.

Tutti vorremmo cambiare la società, il mondo, tutti abbiamo idee su cosa sarebbe giusto cambiare di quello o di questo... ma pochi pensano che il lavoro di cambiamento deve partire prima da noi stessi.

Quante volte vi è capitato di voler cambiare qualcuno? Quante volte vorremmo cambiare certi aspetti dei nostri compagni, dei nostri figli, dei nostri genitori? 

A nessuno è concessa la facoltà di poter cambiare il prossimo, le persone cambiano quando lo decidono, quando sono pronte. Possiamo però cambiare noi stessi, quello che pensiamo, i nostri atteggiamenti e sarà nell'ambito di questa rivoluzione personale che vedremo cambiare anche ci sta intorno e gli eventi della nostra esistenza. E’ cambiando noi stessi che cominciamo a cambiare il mondo.
"La cura di tutte le cure è quella di cambiare se stessi, il proprio punto di vista, le proprie idee e credenze e con questa rivoluzione interiore dare un proprio contributo per un mondo migliore." Tiziano Terzani
Il cambiamento comincia dentro, non all'esterno, cambiare vuol dire lasciare da parte ciò che crediamo di essere, che gli altri vogliono che noi siamo, per entrare invece in contatto con la nostra natura autentica, con ciò che vogliamo, che sentiamo, che crediamo, che possiamo diventare se diamo fiducia e sostegno alle nostre potenzialità nascoste.

Il processo della rivoluzione interiore si innesca allenandoci a stare presenti a noi stessi, creandoci spazi e tempi di silenzio interiore da cui emergono pian piano nuove realtà, nuove domande e nuove risposte. Possiamo in tal modo cominciare a indirizzare la nostra vita verso attività che abbiano un senso per noi, aprendoci ai rinnovamenti, all'apprendimento e alla crescita.
"Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare se stessiNelson Mandela


Cambiare significa creare una differenza positiva, significa essere consapevoli che ogni giorno, in ogni momento, abbiamo la possibilità di fare la differenza nella vita di un'altra persona. 
Diventare consapevoli della propria forza, del proprio poter individuale e delle proprie responsabilità, è il cambiamento essenziale per poter cambiare se stessi e il mondo. Proviamo a costruire un futuro a partire da noi stessi e dalle nostre scelte.

Lara Zucchini

Fonti:
Gandhi Mohandas K, Il mio credo, il mio pensiero, Newton Compton, 2010

giovedì 25 febbraio 2016

Cambiare con un "clik"

Ormai la tecnologia fa parte della nostra quotidianità e quasi non possiamo più farne a meno. Non dobbiamo però vedere l'uso di strumenti tecnologici come qualcosa di negativo, studi condotti su giovani adolescenti dimostrano come i videogiochi implementano alcune capacità cognitive.




















Qual è la prima cosa che fai quando sei sull'uscio della porta di casa?
Provo ad indovinare: CONTROLLARE SE C’E’ IL CELLULARE!!!
Cosa è la prima cosa che fai appena ti svegli e l’ultima prima di andar a dormire? 
Provo ad indovinare: GUARDARE IL CELLULARE!!!

Ormai non si può più far a meno della tecnologia che ci circonda, semplifica la vita, dimezza i tempi, rende più autonomi, la lista sarebbe infinita…. Ma sarebbe infinita anche la lista di cosa la tecnologia non ci consente di fare.
Come direbbero le nonne di tutto il mondo: “Ai miei tempi non avevamo neanche il telefono in casa”, mentre adesso ogni componete della famiglia possiede almeno un cellulare a testa. Riflettiamo, quindi, in che modo sorprendente la tecnologia si è evoluta nell'arco di 50 anni e come continua ad evolversi giorno dopo giorno.
Adesso abbiamo tutto quello che ci serve in piccoli accessori: PC, tablet, smartphone, mp3, chiavette USB e chi più ne ha più ne metta. Basta un “clik” è abbiamo tutto a portata di mano.
Grazie a questi nuovi sistemi di comunicazione, siamo in grado di vedere e parlare con i propri genitori o parenti che si trovano dall'altra parte del mondo, possiamo inviare immagini e video… Insomma possiamo annullare le distanze e sentirci più vicini ai nostri cari.
La tecnologia fa parte della nostra vita e quotidianità, non siamo in grado di pensarci senza essa, ne siamo in grado di pensare ad un mondo in cui nelle nostre case non erano presenti elettrodomestici o computer di ogni genere.
Tutta la società è stata trasformate, rivoluzionata e cambiata dalla Rivoluzione Digitale e di riflesso anche le nostre vite e concezioni sono state trasformate, rivoluzionate e cambiate da essa.
Inoltre, come pubblicato da uno studio condotto da Treccani, l’uso della tecnologia ha rafforzato abilità cognitive come: la prontezza a cogliere e affrontare l’inaspettato, soprattutto nei ragazzi delle nuove generazioni. Infatti osservando un ragazzo che alle prese con un videogioco, possiamo notare come egli sia in grado di scorgere tempestivamente l’evento inaspettato, ma la cosa che sorprende di più è la prontezza posseduta nel fronteggiare l’ostacolo.
Passando il giusto tempo giocando con i videogiochi, non solo ci si diverte, ma al tempo stesso si sviluppano e potenziano le abilità cognitive di avvertire l’inaspettato e trovare una soluzione immediata tramite azione appropriate.
E’ vero che la tecnologia ha cambiato le nostre vite, vorrei dire in modo positivo, non dobbiamo però dimenticare che dietro un PC o un cellulare c’è un mondo reale con cui il mondo virtuale non può competere.

Un abbraccio 
Federica Lodato

Fonti:
R. Donkin. (2011). "Il futuro del lavoro". Il sole 24 ore libri 

Figli in evoluzione: istruzioni per l'uso

Come districarsi tra le molteplici difficoltà nel relazionarsi con i propri figli adolescenti? 5 consigli per cambiarvi aiutando il loro cambiamento! 


Mi è capitato diverse volte di imbattermi in genitori in difficoltà a gestire, capire e relazionarsi con i propri figli in adolescenza.
L’adolescenza è per eccellenza la fase dei cambiamenti profondi, sia dal punto di vista fisico che emozionale e comportamentale, durante la quale i giovani sperimentano nuove emozioni ed esperienze.

Ad essere coinvolti nella transizione adolescenziale non sono solo i ragazzi che la vivono in prima persona, ma sono direttamente coinvolti in questo processo anche i loro genitori. Il rapporto genitore-figlio cambia, assume nuove sfaccettature, gli equilibri di prima si rompono e diviene fondamentale instaurarne di nuovi. Ma come fare? 
I ragazzi nell'adolescenza si sentono orribili fuori e inadeguati dentro, nascondono la propria "mostruosità" dietro maschere e silenzi.
I silenzi e le incomprensioni creano conflitti e distanze, difficili da affrontare. In questo momento di cambiamento è necessario colmare la distanza, spesso dilatata dall'incomprensione e dal mutismo, tra la generazione dei padri e quella dei figli.
Ecco alcuni consigli per cambiar-vi relazionandovi con i vostri figli in evoluzione:

#1 Litigare con amore
I conflitti con i figli sono all'ordine del giorno ma i sentimenti devono persistere intatti anche nella contrapposizione violenta delle idee, in ogni relazione, ma soprattutto in quella tra genitori e figli.
Se un genitore si trova di fronte a un comportamento del figlio adolescente che non approva, anzi che ritiene contrario ai principi che hanno fatto parte della sua vita, deve mostrare il suo disappunto, il suo dissenso, ma deve anche aggiungere: "Ricordati tuttavia che qualsiasi cosa tu faccia, qui ci sono sempre tuo padre e tua madre che ti vogliono bene". Nessuna contrapposizione, mai, deve poter rompere il legame affettivo e sentimentale.
Ecco perché non accetto un padre che dica al proprio figlio, quando non ne condivide il comportamento: "O cambi o quella è la porta". Sbattere uno in strada non rientra in alcun rapporto educativo dignitoso. 
Ognuno deve chiaramente esprimere cosa ne pensa ma non giungere alle imposizioni che spaccano i legami e ammazzano l'amore.

#2 Essere autorevoli non autoritari
Ricordate, la figura del padre si identifica con l'autorità e non si ottiene automaticamente generando un figlio: è fatta di coerenza, di credibilità, abilità professionale. E' presenza anche se non s
i è fisicamente lì in quel momento. E' una caratteristica che si conquista, è uno stile del rapporto che non ammette generosità eccessive oppure punizioni immotivate.
Per seguire l'adolescenza nella sua metamorfosi, occorre che cambino anche i padri e le madri, che muti la loro percezione dei bisogni dei figli.

#3 Educare e venire educati
"Educare" vuol dire anche "venire educati" in cui chi educa e chi è educato non sono distinguibili, si possono cambiare i termini ma non i ruoli, che invece devono restare ben differenziati: talora il figlio apprende dai genitori e talora i genitori dal figlio quindi ne viene educato.
Ad esempio quando tornate a casa stanchi e magari anche delusi, raccontate a tavola le vostre difficoltà, chiedete un consiglio al figlio adolescente. I figli possono dare consigli utilissimi, talvolta anche risolutivi. Questo comporta che quando i vostri figli sentono la fatica di vivere e avvertono di non essere all'altezza del mondo, aspettano la sera il papà o la mamma per proporgli il loro problema e sentire il loro consiglio. Il dialogo è una modalità per cercare dentro di sé una soluzione sufficientemente valida.

#4 Non cedere nel conflitto
E' diversissima la percezione del rischio tra genitori e figli. Da un lato i genitori con la paura di tutto fino alla paura della paura, dall'altra gli adolescenti con l'atteggiamento spavaldo "tutto è possibile a me".
Aumentare i controlli ottiene come effetto quello di incrementare la ribellione nei figli, fino a spingerli in comportamenti vietati come risposta ai controlli asfissianti. La divergenza nella percezione del rischio porta al conflitto. 
Il conflitto, anche se è lotta, è utilissimo per crescere. Se non esiste contrasto significa che non si sta crescendo.

#5 Apritevi al cambiamento
La necessità del cambiamento non fa parte solo dell'adolescenza, il cambiamento è una costante, inquadrato nel rapporto tra padre-figlio diventa fondamentale che i genitori cambino per aiutare il cambiamento del figlio, o anche soltanto per capirlo.
Adattarsi non vuol dire accettare passivamente, ma come intendeva Darwin: modificarsi per vivere da protagonisti in un dato ambiente, senza soccombervi.



Quelli che si trovano ad affrontare i vostri figli sono anni di transizione in cui vanno incontro a una ristrutturazione della loro identità, a riflessioni su di sé, a una consapevolezza del divario tra ideale e reale che possono favorire l’insorgenza di sentimenti di disagio e malessere. Per questo motivo l'invito è quello di cambiar-vi per aiutare i vostri giovani ragazzi a gestire i cambiamenti di cui sono protagonisti.

   Cambiare per aiutare il cambiamento: i genitori devono vivere una metamorfosi di riflesso.


Lara Zucchini

Fonti:

Andreoli V., Lettera a un adolescente, Milano: Rizzoli, 2001
Bonino S., Cattelino E., La prevenzione in adolescenza, Trento: Erickson, 2008

mercoledì 24 febbraio 2016

Da Lui a Lei, da Lei a Lui...

Parlando di "chirurgia plastica" i primi concetti che ci vengono in mente sono: mastoplastica, rinoplastica o liposuzione. Solo in un secondo momento si pensa che la chirurgia plastica come uno strumento in grado di aiutare le persone che sentono di non appartenere al corpo in cui vivono.






Ogni persona è unica nel suo genere.
E’ proprio vero, tutti gli esseri umani sono portatori di trattati caratteristici che li differenziano gli uni dagli altri. Hanno un proprio vissuto, un proprio stile comportamentale, una propria identità e un proprio corredo genetico…
E se la genetica si sbagliasse???
Se nascessimo in un corpo che non ci appartiene???
Le soluzioni a questo problema sono molteplici, per esempio si potrebbe scegliere di utilizzare vestiti in linea con il proprio vero sé oppure scegliere di ricorrere alla chirurgia plastica per cambiar sesso.
Ascoltando o leggendo informazioni che provengono dalla radio o dal web, è sempre più comune apprendere di uomini e/o donne che scelgono di sottoporsi ad interventi chirurgici per vedersi FINALMENTE fuori come dentro.
Generalmente il momento in cui iniziano a percepire il proprio corpo come "sbagliato" è durante l’adolescenza. A livello psicologico si generano dei conflitti interiori che gettano il ragazzo/a all'interno di un vissuto emotivo ancor più tumultuoso durante questo momento, che è già complicato di suo.
Quando i caratteri sessuali secondari fanno la loro comparsa, questi giovani tendono a coprire i propri istinti, che ormai si fanno sempre più pressanti. 
Si presenta loro la certezza che la propria identità somatica non coincide con quella psicologica.
Nel buoi delle loro camere guardano la loro immagine riflessa allo specchio indossando gli abiti che appartengono alla madre o al padre, si immagino come sarebbero se la natura gli avesse regalato il giusto corpo.
Durante il periodo adolescenziale è frequente che questi ragazzi/e nascondano la loro vera natura, ritengono che sia il giusto prezzo da pagare pur di essere accettati dagli altri anche a discapito della felicità, generando vissuti d’ansia, autosvalutazione e depressione.
Con il passare degli anni non vogliono più accettare questa ingiustizia e rivolgendosi a medici competenti ed esperti, trasformano finalmente il loro corpo, donandogli le giuste forme ed armonie.

Non è un passo semplice, infatti devono far i conti con il pensiero dei propri genitori e con la società, che li etichetterà come TRANSESSUALI.
Il termine “transessuale” venne utilizzato per la prima volta dal dottor David Cauldwell nel 1949, ma solamente nel 1966 a seguito della pubblicazione del libro “The transsexual phenomenon” di Harry Benjamin divenne un termine di uso comune. Inoltre il suddetto libro divenne un testo universitario poiché affianca alla transessualità un approccio terapeutico.


Attualmente, in ambito psicologico, alle persone transessuali viene posta diagnosi di “Disturbo dell’ Identità di Genere/ D.I.G” seguendo le indicazioni presenti all’interno del Manuale di Classificazione dei Disturbi Mentali/ DSM IV.       
Esprimere la propria vera natura è un percorso, che seppur insito dentro queste persone da molti anni, deve essere accompagnato da un supporto di tipo psicologico. Infatti, vedere il proprio corpo in maniera differente da come è stato sempre, può generare dei vissuti si shock e di incredulità. Inoltre cambiare il proprio sesso, significa cambiare se stesso e riassegnare alla propria identità un volto nuovo.

Ognuno di noi può, nel suo piccolo, aiutarli. Liberiamoci dal concetto, ormai obsoleto, che siano persone “malate”, sono PERSONE e come tali devono aver il diritto di esprimere il proprio modo d’esser e la propria sessualità. Utilizziamo un po’ di empatia e proviamo a indossare noi per una volta i LORO PANNI.

Federica Lodato


Fonti:
American Psychiatric Association. (2010). "Diagnostic and Statistical Manual of mental Disorder, 4th  edition, text revision". Washington, DC: American Psychiatric Association.

Film consigliato: La pelle che abito

Le parole cambiano le nostre emozioni... Ecco come!

Cambiare se stessi vuol dire modificare qualcosa di noi che non ci fa stare bene soprattutto con noi stessi. Una chiave per affrontare e svolgere i nostri cambiamenti è svolta dalle parole che quotidianamente scegliamo.


Avete mai pensato alla potenza trasformativa che hanno le parole?
Le parole vengono usate per farci ridere o piangere, possono ferire o guarire, ci offrono speranza o devastazione. Molte opinioni sono create dalle parole e dalle parole possono anche essere cambiate. Ad esempio, l'uguaglianza razziale è nata sicuramente da azioni, ma queste azioni erano ispirate a parole appassionate. Chi può dimenticare l'invocazione commovente di Martin Luther King: "Io ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il vero significato del suo credo..."
Molti di noi sono consapevoli del ruolo che hanno avuto le parole nella nostra storia, del potere che i grandi oratori hanno di commuoverci, ma pochi di noi si rendono invece conto del proprio potere di usare quelle stesse parole per suscitare emozioni, sfidare, incoraggiare e sostenere il nostro animo, per indurci all'azione
Attribuiamo significato a tutte le sensazioni che percepiamo attraverso la creazione di etichette: le parole. Ci creiamo le nostre espressioni che trasformano la nostra esperienza di vita. L'etichetta che ci mettiamo sopra diventa la nostra esperienza. E quello che era "un po problematico" diventa "devastante". Usando stampi diversi ad esempio "seccato" invece di "furioso" o "arrabbiato" cambiamo immediatamente l'intensità della nostra esperienza, che diventa qualcos'altro. Questa è l'essenza del vocabolario trasformazionale: le parole che applichiamo alla nostra esperienza diventano la nostra esperienza.

Perlopiù non siamo consapevoli delle parole che utilizziamo. Pensate al potere che le vostre parole possono esercitare, se solo le scegliete con intelligenza.
Ciò che vi consiglio per controllare consciamente la nostra vita, è di valutare consapevolmente migliorando il nostro abituale vocabolario, per essere sicuri che ci porti nella direzione voluta e non in quella che vogliamo evitare. 
Usare parole a forte carica emozionale può trasformare magicamente il vostro stato emozionale o quello di qualcun'altro. Ad esempio, parlando con qualcun'altro, cambiare una sola chiave ha un effetto immediato su ciò che prova questa persona e spesso ance il modo in cui si comporta di conseguenza.
E allo stesso modo, semplicemente cambiando il vostro vocabolario abituale, cambiando le parole che usate solitamente per descrivere le emozioni della vostra vita, potete cambiare all'istante quello che pensate, quello che provate e il vostro modo di vivere.
Ad esempio... quando usate le parole per descrivere come vi sentite, provate a cambiare "arrabbiato" con "deluso" o "depresso" con "non proprio al massimo"/ "sulla via di un cambiamento" o "di odiare" con "di preferire" o "geloso" con "innamoratissimo" o "stressato" con "impegnato" o "stupido" con "poco informato"... e così via, provate!
Le parole hanno il potere di cambiare la nostra percezione e la nostra sensazione. Possiamo provare tutti una stessa esperienza ma definirla in modo differente, questo cambia quello che proviamo e le sensazioni prodotte dal nostro sistema nervoso. Le parole creano un effetto biochimico. Pensateci...
Quante parole creerebbero in voi un'immediata reazione emozionale? Se per esempio qualcuno vi indirizzasse un insulto basato su questioni razziali? che cosa provereste? O se qualcuno vi lanciasse un insulto, non cambiereste stato emozionale?
 "Le parole formano il filo con cui leghiamo le nostre esperienze". Aldous Huxley

Secondo le statistiche il vocabolario di una persona media va dalle 2000 alle 10mila parole... La lingua italiana ha circa 500mila parole, significa che normalmente usiamo solo dallo 0.5 al 2% della lingua! Di queste parole quante servono a descrivere un'emozione? Esistono almeno 3000 parole per descrivere emozioni umane, ci sarebbero 1051 parole che descrivono parole positive, mentre sono 2086 quelle che descrivono emozioni negative. Non c'è da meravigliarsi che la gente si senta più triste che allegra! 

Se riuscissimo ad analizzare più criticamente le emozioni che proviamo ed essere più creativi nel valutare le cose, potremmo applicare una nuova etichetta alle nostre sensazioni e perciò cambiare la nostra esperienza emozionale
"Senza conoscere la forza delle parole, è impossibile conoscere gli uomini". Confucio
Cambiando le nostre parole abituali possiamo letteralmente cambiare gli schemi emotivi della nostra vita.
Provare per credere!

Lara Zucchini

Fonti:
Azzinari E., Vis et Honor. Sei pronto a scommettere su te stesso?, Lampi di stampa: Milano, 2008

Robbins A., Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario. Manuale di psicologia del cambiamento. Tascabili Bompiani, 2008 

lunedì 22 febbraio 2016

Quando "muore" un amore...( Parte 2)

In questa seconda parte del post l'interesse è rivolto verso il "sè" e quali strategie utilizza per riorganizzarsi. Deve fare i conti con un diverso modo di percepirsi e ridisegnare il proprio senso d'identità.



La prima parte del post: Quando "muore" un amore (parte 1) è dedicata all'elaborazione e alla prese di coscienza della situazione dolorosa da affrontare per la persona che perde "l'amore della sua vita". 
In questa seconda parte del post, invece, l'attenzione è focalizzata su come il  del soggetto deve riorganizzarsi.
Spesso, nella relazione con l’altro si perde il proprio senso d’identità.
L’unione d’amore inizia amando se stessi, quando si ristabilisce l’equilibrio perduto, si ritorna ad amare nuovamente se stessi. Si potrà esser di nuovo liberi d’amare gli altri, senza dimenticare il proprio sé, il quale sarà un sé nuovo e cambiato dall'esperienza.
A livello incoscio vi sono 3 meccanismi di difesa che vengono attivati in presenza di situazioni dolorose, fungono da mediatori dell’ evento e filtrano la realtà in modo da renderla sostenibile. 
Tali meccanismi sono: 
  1.    Negazione,  ovvero negare la realtà;
  2.    Spostamento, ovvero spostare l’ansia su altri problemi;
  3.    Scissione, la quale fa apparire la persona lucida e razionale, mentre il contenuto emozionale rimane fuori dalla coscienza.                
Sono dei meccanismi di difesa necessari, più o meno efficaci, che il soggetto mette in atto inconsapevolmente e garantiscono una risoluzione della condizione in maniera non patologica.
Solo con il tempo si potrà percepire come una tale esperienza è in grado di cambiare, magari anche arricchire, il proprio vissuto. 
Un pò come l'araba fenice che rinasce dalle sue ceneri, bisogna rinascere e riiniziare a vivere con se stessi dopo una rottura.
Può far capire che si è in grado di esser forti e affrontare il mondo, senza perdere fiducia nell'amore.


D’altra parte abbiamo sempre noi stessi, per cui siamo sempre amati!!!!
Volevo chiudere il post, lasciandovi ad un breve estratto del film: "Il diario di Bridget Jones". E' una delle molte scene che trovo divertenti.



Federica Lodato

Fonti:
E. Kubler-Ross. (1982). "La morte e il morire".Cittadella, Assisi